L’ORO DI GUALTIERO MARCHESI

L’ORO DI GUALTIERO MARCHESI

Sono passati quarant’anni dal celebre “Risotto zafferano e oro” con cui il maestro della nuova cucina italiana ha riportato l’oro edibile nel mondo dell’alta gastronomia. Enrico Dandolo, CEO della Fondazione Gualtiero Marchesi, ci accompagna alla scoperta della storia e dei segreti di un piatto-icona.

 

Perché il “Riso zafferano e oro” è così importante?

Perché è un piatto d’artista coraggioso e carico di significato che racconta tante storie e rappresenta perfettamente l’idea che Gualtiero Marchesi aveva del cibo come connubio inscindibile di culto del buono e cultura del bello.

 

Perché lo ha definito un piatto d’artista?

Subito dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, quando era ancora un ragazzino, Gualtiero avrebbe voluto iscriversi all’Accademia di Belle Arti, ma la sua famiglia (che gestiva un albergo con ristorante) lo richiamò alle sue responsabilità. Il mondo dell’arte, del design e dell’architettura sono però sempre rimasti in cima ai suoi interessi. Il Marchesi cuoco non ha mai smesso di alimentare il Marchesi artista: lo ha fatto circondandosi di grandi maestri e brillanti intellettuali (come Piero Manzoni, Michelangelo Pistoletto, Lucio Fontana e Gillo Dorfles) ed esprimendo la sua straordinaria creatività nella creazione di piatti che sono al contempo icone del gusto e icone della sua idea di estetica. Per lui la gastronomia era una vera e propria arte applicata.

 

Può raccontarci come è nato?

Da una ricerca sul colore. In quel periodo Gualtiero Marchesi collaborava con un fotografo che stava sviluppano un progetto sul tema del giallo. In cucina il giallo per eccellenza è sempre stato quello dello zafferano, associato anche etimologicamente allo splendore dorato del sole. Reinterpretare un piatto tradizionale già di per sé così intenso e prezioso, reinventandone la ricetta, stendendolo a velo sul fondo del piatto e adagiandoci sopra una foglia d’oro zecchino come sigillo di autenticità fu un vero e proprio gesto d’artista.

 

Avete mai pensato di brevettarlo?

Per quanto possa sembrare sorprendente, non è possibile brevettare una ricetta che è già entrata nella carta di un ristorante. È una norma paradossale se si pensa che il primo diritto d’autore di cui si ha memoria storica riguarda proprio la regolamentazione della paternità di un piatto: nel 510 a.C. gli abitanti di Sibari furono i primi a certificarla e a stabilire che chi inventava una nuova ricetta aveva il diritto di eseguirla in esclusiva per un anno e di esigere delle royalties da chi la riproponeva. Le antiche colonie magno-greche avevano dunque una consapevolezza maggiore della nostra dell’importanza del copyright come incentivo alla qualità di una tradizione gastronomica e come riconoscimento (anche economico) della capacità di innovazione.

Pur avendo una paternità molto precisa e riconosciuta e un nome e un logo registrati, la ricetta del “Risotto zafferano e oro” non è dunque brevettabile.

 

Tutti gli chef a cui abbiamo chiesto come hanno scoperto l’oro edibile ci hanno risposto che è stato per merito di quel piatto e in tanti non hanno resistito alla tentazione di cucinarlo almeno una volta. Gualtiero Marchesi era infastidito o gratificato dall’idea di essere imitato?

Nella storia della cucina italiana c’è un “prima di Marchesi” e un “dopo Marchesi”, che convenzionalmente ha inizio con l’arrivo della terza stella Michelin. Dal 1986 e per più di un ventennio ogni sera in sala c’era almeno un tavolo occupato da ristoratori che volevano prendere ispirazione dalla sua cucina. Marchesi non aveva paura di essere copiato. Era, al contrario, felice di contribuire a far crescere il livello dell’alta cucina italiana. Per festeggiare i quarant’anni del “Risotto zafferano e oro” abbiamo offerto ai cuochi che hanno lavorato nelle cucine di Marchesi la possibilità di riproporre quel piatto e di inserirlo nei loro menù, rispettando le regole rigidissime apprese dal maestro sulle modalità di esecuzione, ma anche su come servirlo e consumarlo. Marchesi non transigeva, ad esempio, su temperature e tempi (non doveva passare più di un minuto tra l’impiattamento e la tavola) e neppure sulle stoviglie da impiegare. Immaginato dal suo creatore come un vero e proprio piatto-quadro, l’autentico “Risotto zafferano e oro” si serve solo su un piatto Villeroy&Boch con bordo nero e oro disegnato da Marchesi stesso. E si gusta esclusivamente con il cucchiaio, anch’esso d’oro e disegnato da Marchesi.

 

È l’unico piatto in cui Gualtiero Marchesi ha utilizzato l’oro alimentare?

A differenza di alcuni artisti o architetti che “indovinano” uno stile e lo declinano quasi serialmente fino a farlo diventare uno stile, ma sempre uguale a se stesso, Marchesi creava piatti perfetti che rimanevano unici. Non ha quindi utilizzato la foglia d’oro su nessun altro piatto. Ha utilizzato invece l’oro alimentare in scaglie per il risotto allo zafferano che veniva servito in una ciotola prima degli spettacoli della Scala e per il suo riso allo zafferano estivo, meno cremoso e più sgranato del “Risotto zafferano e oro”.

Capitolo a parte per la foglia d’argento, scelta per rappresentare simbolicamente una bandiera sul “Riso brillante” al nero di seppia preparato in occasione delle celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia. Per il riso al nero della sua carta, Marchesi ha invece optato per l’argento alimentare in scaglie. È un piatto difficilissimo da fotografare. Per godere di un’esperienza estetica unica, fatta di mille bagliori argentei incorniciati dai bordi di platino del piatto (disegnato da Marchesi) non si può far altro che ordinarlo!

 

Servire un piatto decorato con l’oro alimentare desta ancora sorpresa?

Resta intatto lo stupore, ma sono sempre meno i clienti che ci chiedono se l’oro sia effettivamente commestibile. Chi viene nei nostri ristoranti sa che selezioniamo con grandissima cura tutte le materie prime e che non porteremmo mai in tavola un oro commestibile che non sia certificato come prodotto alimentare e realizzato con i più alti standard di qualità.

 

Il “Risotto zafferano e oro” è un piatto sempre presente nelle carte dei vostri ristoranti. Che oro alimentare utilizzate?

Solo Gold Chef di Giusto Manetti Battiloro, ovviamente! Nel 2012, a una cena che abbiamo organizzato per i ministri degli interni dei paesi del G8, il Segretario del Dipartimento della sicurezza interna degli Stati Uniti d’America volle assicurarsi che l’oro sul risotto fosse davvero commestibile. Se non avessimo potuto mostrare le certificazioni dell’oro Manetti sarebbe stato un disastro!